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FASCITE PLANTARE - TALLONITE

La fascia plantare si estende dalla tuberosità mediale del calcagno alle falangi prossimali delle dita del piede, fornisce sostegno al piede, tendendosi come un arco quando le dita si estendono durante la fase di appoggio del passo.
La fascite plantare è la causa più comune di algia calcaneare nell’adulto. La sua eziologia è probabilmente riconducibile a una lesione degenerativa a livello dell’inserzione calcaneare fasciale e alla conseguente reazione tendinosica infiammatoria. L’esame istologico delle fibre della fascia plantare ne evidenzia notevoli alterazioni degenerative croniche. La fascite plantare ricorre nelle donne con frequenza doppia rispetto agli uomini ed è più comune nei soggetti sovrappeso.

L’insorgenza della sintomatologia è generalmente insidiosa e non correlata a eventi traumatici o distorsivi. I pazienti riferiscono un dolore specificatamente localizzato a livello della porzione mediale della tuberosità calcaneare a anche 1-2 cm distalmente lungo la fascia plantare. L’algia è spesso più importante al risveglio e alla ripresa della deambulazione rialzandosi da seduti, in quanto i primi passi stirano e tensionano la fascia plantare. Incrementa il dolore anche la stazione eretta e la deambulazione prolungata. La sintomatologia si attenua tipicamente stando seduti o sdraiati.

Quando storia clinica del paziente ed esame obiettivo sono indicativi per la diagnosi di fascite plantare, l’esame radiologico non è necessario, almeno nella fase iniziale della valutazione.
Radiografie in proiezione laterale del calcagno con piede in carico dovranno essere eseguiti nei pazienti che continuano ad essere sintomatici dopo 6-8 settimane di riposo e scarico funzionale o per quei pazienti che riferiscono sintomatologie sistemiche associate a dolore a riposo.
In circa il 50% dei pazienti le radiografie evidenziano la cosiddetta “spina calcaneare” che di per sé non è la causa del dolore.
Nei casi resistenti alle terapie infiltrative e fisioterapiche richiediamo la risonanza magnetica che dimostrerà un ispessimento della fascia plantare che se superiore ad 8-9 mm ci indirizza verso un possibile intervento chirurgico.

La fascite plantare quando cronicizza limita notevolmente le normali attività quotidiane. La scorretta modalità di deambulazione antalgica può determinare l’insorgenza o l’aggravamento di problemi funzionali a livello dell’avampiede, ginocchio, anca o rachide.

Più del 95% dei pazienti affetti da fascite plantare ottengono dei buoni risultati da trattamenti fisioterapico-comportamentali finalizzati a limitare le sollecitazioni funzionali ma devono sapere che la risoluzione dei sintomi richiede generalmente dai 6 ai 12 mesi.
Ai praticanti del jogging e o di lunghe camminate bisogna consigliare la pratica di attività fisiche alternative, quali la cyclette o il nuoto.
La fase iniziale del trattamento dovrebbe comprendere l’applicazione di una soletta di scarico calcaneare abbinata ad un programma quotidiano di esercizi di stretching domiciliari per la fascia plantare e l’elongazione graduale del tendine di Achille.
Per ridurre l’infiammazione e il dolore calcaneare-plantare, sono anche consigliati: bagni alterni in acqua calda e fredda, FANS, ghiaccio locale e scarpe con scarico funzionale.

Se non si riscontrano significativi miglioramenti sintomatici dopo 8 settimane può essere indicato ricorrere all’infiltrazione cortisonica.
All’ulteriore persistere della sintomatologia si dovrà prendere in considerazione il trattamento chirurgico che consiste, tipicamente, in un parziale release e/o scarificazioni della fascia plantare.

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Medico Chirurgo Specialista in Ortopedia e Traumatologia
Dott. Alberto Astone
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